COMMERCIALE NO GRAZIE

Gli antropologi culturali da sempre hanno evidenziato la poca aggressività delle popolazioni del sud est asiatico. Nel loro caso non si può parlare della povertà come causa scatenante della violenza. Questo comportamento è giustificato dal loro dedicarsi prevalentemente ad attività artistiche compreso il ballo. Tutto questo non esiste nel nostro mondo consumistico. Tutti siamo ossessionati dal mercato. Si tende a classificare il valore di un artista in base al mercato. Ma spesso non ci si rende conto di dare all’effimero un valore contraddittorio e sostanziale. Il considerare la persona in base al possesso dei beni ci porta ad un arcaico concetto che si è perfezionato nel nostro tempo attraverso la scienza economica. Una filosofia scientifica che è più traballante di quella poetica tanto criticata di Ezra Pound. Dove la sua critica al sistema ha anticipato di alcuni decenni il problema. Se la negatività in generale ormai è nota risulta molto più sottile quella che riguarda l’attività artistica. Un sistema che ha pensato di trattare l’arte come un qualsiasi prodotto. Non riconoscendole quel valore aggiunto che da sempre la caratterizza. Il destino dell’arte è nelle mani degli artisti e non del mercato enorme Molock dai piedi d’argilla.

Since ages cultural anthropologists have been stressing how little aggressive the populations of South East Asia are. In their case, it is impossible to speak about poverty as a triggering cause of violence. This is justified by the fact that they dedicate themselves mostly to artistic activities, including dance. All this does not exist in our world of consumerism. We are obsessed by the market. The tendency is to classify the value of an artist on the basis of the market. But we often do not realize that we give ephemeral things a value that is both contradictory and substantial. Considering individuals on the basis of what they possess leads us to an archaic concept that has been perfected in our time by means of the economics science. This is a form of scientific philosophy that is more shaking than Ezra Pound’s poetics, which has been strongly criticised. On the contrary, his criticism to the system anticipated this issue. If negativity as a broad concept is nowadays well-known, negativity in art production seems a subtler concept. The system feels free to treat art like a product, without recognizing that “plus” that has always characterized it. The destiny of art is in the hands of the artists and not in the market, enormous Molock, which has feet of clay.
Giancarlo DA LIO

No Commercial Potential


Il produrre arte che risponda esclusivamente alle proprie esigenze creative senza scendere a compromessi per renderla bene di consumo

The production of an art that fits exclusively one’s own creative needs without stooping to compromises to make it a consumer good

019 - Emmanuele Tremolada

IL RUGGITO DEL PANDA

La vicenda si svolge nella prima metà degli anni ’80, in un polveroso campo di calcio di un oratorio alla periferia di Milano.
In questo periodo i campionati parrocchiali godono di una tenace forza campanilistica che attrae un numero significativo di spettatori, spesso coinvolti emotivamente dalle vicende dei loro “campioni”.

Una domenica di primavera la squadra gialla, nobile decaduta di questo torneo, ospita la capolista verde: tra le due compagini la rivalità è radicata da anni, e la sfida è di quelle che promettono scintille.
I protagonisti di questa vicenda sono il portiere dei verdi, un biondo ragazzo diciannovenne presuntuoso e strafottente, ed un ragazzo-down, soprannominato “il Panda”, a causa dei giganteschi occhiali da sole indossati praticamente sempre.
Per cercare di far sentire “normale” il Panda, i gialli hanno deciso di tesserarlo, e di regalargli un posto tra le riserve.
Oramai l’esito finale del campionato è segnato a vantaggio dei verdi, ma il portiere ha una motivazione in più: se in questa partita non subirà gol, stabilirà il nuovo record di imbattibilità, che, per ironia della sorte, è detenuto dal collega dei gialli ormai da quattro anni.
Al momento dell’annuncio delle formazioni i soliti fischi accolgono lo scandire dei nomi dei verdi: ancora una volta sarà battaglia; da subito infatti emergono attriti tra il capitano dei gialli e la maleducazione del portiere dei verdi, roba vecchia di anni che si rinfresca ad ogni sfida.
Ma la differenza tecnica sul campo si fa sentire e a metà del secondo tempo i verdi dominano per 7 a 0; l’allenatore ora pensa solo al record e grida al proprio portiere in successione: “ quindici minuti e ce l’hai fatta…..10 minuti…ecc.”
A cinque minuti dalla fine il mister dei gialli decide di far entrare il Panda, ed esce il centravanti: è un gesto di resa; per il portiere dei verdi è praticamente fatta.
Al suo ingresso in campo il Panda è felice, quasi commosso: giocare contro i verdi, che onore! Il “suo” pubblico lo accoglie con un’ovazione; gli viene la pelle d’oca.
La solita voce dalla panchina: “tre minuti”….passa ancora un istante e poi un’insipida domenica di primavera si trasforma in un film dalle grandi emozioni; in un’azione tutt’altro che travolgente il Panda si trova il pallone tra i piedi, fa due passi barcollando verso la porta avversaria.
Il portiere dei verdi sa che se andrà incontro al giocatore avrà vita facile nel soffiargli la sfera; fa un passo avanti, poi, però, si ferma; lo guarda: lo vede impacciato ma carico di responsabilità nella grande occasione della vita, rimane così un istante a fissarlo; il Panda tira: è un tiro strozzato, debole, per di più diretto proprio sui piedi del portiere; è a questo punto che succede qualcosa di inaspettato: quel ragazzo maleducato e strafottente si sposta a sinistra per scansare la palla…è gol!
Dal pubblico si alza un boato, il Panda urla, corre dentro la porta, si aggrappa alla rete e ruggisce ubriaco di gioia; tutti i compagni di squadra lo abbracciano, lo festeggiano, lo portano in trionfo.
Il portiere dei verdi in disparte osserva la scena; è consapevole di aver fatto un gesto splendido, ma la sua immaturità gli ricorda che così ha rinunciato definitivamente al record e questo è sicuramente un buon motivo per essere contrariati.
Mentre pensa a tutte queste superficialità, incrocia lo sguardo del capitano dei gialli: questi gli strizza l’occhio; lui sorride: quel gesto dell’avversario è il primo granello di zucchero che scaccia l’amarezza.
Ma non è finita: il portiere dei verdi ha ancora spazio per rendersi conto di essere cresciuto un po’.
Infatti, a pochi istanti dal termine il pubblico presente, quello stesso pubblico che ad inizio partita aveva fischiato la formazione ospite, innalza un coro che scandisce il cognome del numero 1: che bello! Adesso anche il portiere è commosso.
E per concludere, a fine partita, sulla scaletta degli spogliatoi, il portiere dei verdi è raggiunto da una pacca sulla spalla e da una voce che dice ”sei stato davvero grande”; si gira: è il collega dei gialli, colui che, proprio grazie a questo gesto, detiene ancora il record di imbattibilità; la felicità aumenta, si trasforma in orgoglio.
Beh, forse è proprio vero: ci sono scale di importanza nella vita; solo crescendo, e soprattutto sentendoti dire che stai crescendo, apprezzi determinati valori, e di questi ne gioisci.

Negli anni seguenti i verdi non furono più fischiati su questo campo; il portiere dei verdi non riuscì mai a stabilire un nuovo record, infatti il record del portiere dei gialli nel 2009 è ancora imbattuto.
Oggi il portiere dei verdi, ormai quarantaquattrenne maturo, dopo aver perso nel tempo tutta la strafottenza e tutti i capelli, tra le poche soddisfazioni sportive raccolte durante la sua attività, può raccontare con orgoglio alle proprie figlie le forti emozioni di quella incredibile domenica, ma...

Ecco violento e inaspettato un suono elettronico, acuto e sgradevole, squarcia il silenzio e mi frusta i timpani: è la sveglia; l’immagine che avevo davanti si scioglie come un acquerello sotto la pioggia e i miei occhi, ancora annebbiati, frugano nel buio della stanza cercando le pareti; ma cosa è stato? Un sogno?
Cosa è successo veramente?
Mi alzo dal letto, si, è proprio così, era solo un sogno. Ma in tutto questo cosa c’era di vero?
Ecco, una doccia sicuramente mi schiarirà le idee.
Bene! Ora sono completamente sveglio; ricordo tutto: sarebbe bello se fosse andata davvero in questo modo, se non fosse stato necessario riscrivere il finale.
In questo momento però non posso pensarci: la mia mente deve rimbalzare tra la colazione delle figlie e gli zaini con i libri.
Non ce la faccio, è più forte di me; il pensiero non riesce a staccarsi da quelle immagini.
Un the non zuccherato bevuto in piedi e poi via, verso il garage: si sa, dopo i quaranta c’è sempre una lotta aperta contro la bilancia... ma perchè un the senza zucchero è così insapore, e al tempo stesso così amaro?
Le bambine sono entrate ormai a scuola... adesso forza, verso il lavoro.
Piove, c’è traffico. Piove! Porco Giuda, piove!
Fermo tra le auto in coda, osservo rassegnato i tergicristallo che, come un metronomo, scandiscono lentamente i tempi dell’attesa.
Ora la mia testa ha il tempo di riportarmi a quella domenica: quanti anni sono passati! Un quarto di secolo!
Ma certo, si! Ora ricordo tutto; ecco come andò veramente: il Panda arrivò davanti al portiere che lo guardò: lo vide impacciato ma carico di responsabilità nella grande occasione della vita, e decise di farlo segnare, di rinunciare al record... si era giusto così! Era bello così!
il Panda tirò: un tiro strozzato, debole, che andò lentamente a spegnersi a fondo campo.
Per un attimo la superficialità del portiere fece un pensiero orribile:
“Sei proprio mongolo! Guarda cosa hai combinato.
Che occasione ti ho dato e tu, stupido, l’hai gettata nel cess... alle ortiche.
Potevi far festa, potevi farmi fare una gran bella figura, e invece...
maledetto buono a nulla!”
Per fortuna però un soffio di saggezza seppe, almeno in parte, replicare a queste squallide idiozie:
“Ma che cavolo stai pensando! Vergognati!”.
Nessuno si accorse delle intenzioni del portiere; nulla cambiò nell’atteggiamento dei personaggi della vicenda; sensazione orribile.
Poi arrivò il destino, cinico e crudele: sull’ultima azione della partita una sfortunata autorete privò comunque il portiere del record... all’uscita dal campo per lui solo gli sberleffi di pubblico e avversari.
Gli anni successivi videro le solite scintille, la solita strafottenza del ragazzo biondo, ancor più incattivito da quest’ultimo evento.
Il ragazzo ne dovette fare di strada per crescere: del resto per lui era difficile digerire che se un giorno decidi di voler diventare grande ma il mondo non lo capisce, comunque non hai l’alibi per rimanere bambino.

Va bene, ho capito, ma allora, c’è qualcosa che posso raccontare di quel passato alle mie figlie?
Almeno sapessi scrivere una bella favola...
Oh ecco, si va; era solo una macchina guasta che intralciava le corsie.
Che ore sono? Beh, pensavo fosse più tardi. Forza, che mi aspetta una giornata intensa.

Ma accidenti... quanto resiste sulla lingua il sapore amaro di quel maledetto the!